A proposito di Beati

Novembre 2016

Il servo di Dio Fra Antonino Pisano era il cugino di mia mamma, suo padre Stefano era il fratello di mio nonno Raffaele. Il processo canonico di Beatificazione è ancora in corso,  ma questo non diminuisce la devozione e fiducia nella sua intercessione che io ho sempre sentito da parte della mia e delle numerose famiglie di zii e cugini. Mamma aveva tredici anni quando, in pericolo di vita, smagrita e indebolita dalla febbre della malaria, lo vide ai piedi del suo letto incitandola ad alzarsi e a mangiare. Antonino era morto tre anni prima a soli venti anni. Lei ha sempre avuto la sua immagine sul comodino e in ogni difficoltà ci ha incoraggiato a pregarlo chiedendogli grazie e aiuto. Specialmente quando erano ancora in vita i parenti che l’hanno conosciuto, in  famiglia si parlava spesso di Antonino, un ragazzo sempre sorridente socievole, ubbidiente, che diceva di avere due madri, una in terra e una in cielo molto più bella. Ho sempre pensato che questa vicinanza di parentela ci rendesse in qualche modo migliori e uniti fra noi. Sicuramente la conoscenza della vita e delle virtù dei Santi ci sono di stimolo e di esempio per costruire un modello di vita basato su veri valori. Antonino nasce a Cagliari in una famiglia modesta il 9 marzo 1907, nel quartiere della Marina in piazzetta Sant’ Eulalia. E’ il terzo di sette figli e la mamma Raffaella Monni, donna severa ma molto pia, lo educa alla preghiera trasmettendogli l’amo-re per i Santi, ma soprattutto per la Madonna. E’ un bambino vispo e birichino, i suoi amici sono quelli del vicinato con cui gioca per strada. In casa costruisce cappelline e altarini, fingendo di dire Messa e obbligando le sorelle ad assistere stando in ginocchio. A scuola è attento e curioso, affascinato dalla vita dei Santi e desideroso di diventare anche lui Santo. A sette anni cambia casa e va a vivere in via Sonnino, vicino al Santuario di N.S. di Bonaria dove ogni giorno fa il chierichetto servendo alla prima Messa, prima di andare a scuola. Per queste sue abitudini mattutine, che svegliano tutti, la famiglia lo manda a dormire a casa della zia-madrina che abita più vicino al Convento. Passa tutto il suo tempo libero in chiesa, ma è dopo la Comunione e la Cresima che le sue idee sono chiare. E’ determinato a entrare nell’Ordine dei Mercedari per consacrarsi totalmente a Dio. E’ il 1920 e lui, solo tredicenne, viene ammesso come postulante chierico nel Convento. Seguono due anni molto difficili di delusioni e sofferenze morali che lui sopporta con fiducia nella Provvidenza. Dopo gli studi liceali e un anno di no-viziato fa la professione semplice dei tre voti di obbedienza castità e povertà, più il quarto voto, specifico dell’Ordine dei Mercedari, di redenzione degli schiavi cristiani a costo della propria libertà e della propria vita, se necessario. Inizia gli studi in Teologia ma la sua salute comincia a vacillare e peggiora progressivamente finché gli viene accertata la tubercolosi. In casa c’è dolore e sconforto, ma Antonino accoglie con gioia la notizia perché vede che Dio ha accolto la sua richiesta, fatta tempo prima, concedendogli la grazia di morire giovane fra i 20 e 21 anni, in olocausto per la redenzione dei peccatori, ad imitazione di Santa Teresa  del Bambin Gesù, suo modello di vita spirituale. Questo voto gli fu trovato addosso scritto in un foglio piegato sul petto quando dopo la morte, il 6 agosto 1927, lo spogliarono per rivestirlo con l’abito dell’Ordine. Una vita breve dove sperimenta gioie, umiliazioni, maldicenze, atroci sofferenze per la lunga malattia, dure prove  tutte  accettate con umiltà, obbedienza e pazienza, con il solo scopo di amare Dio, Gesù Crocifisso e Sacramento e la Vergine Maria. Le sue spoglie riposano nella parete destra della balaustra dell’altare maggiore del Santuario della Madonna di Bonaria.   

 

Patrizia Simbola