La parola del parroco

Novembre 2018

Alla comunità parrocchiale di San Luca rivolgo delle parole che mi giungono dal profondo del cuore e vorrebbero essere una riflessione iniziale per il nostro lavoro condiviso:

Sogno una parrocchia.

Sogno una parrocchia reale. Non quella descritta nei libri ma vissuta sulla pelle.

Sogno una parrocchia senza muri. Quei muri che chiudono o dividono i cuori.

Sogno una parrocchia che metta al centro Gesù Cristo il quale tiene in piedi ogni progetto umano perché ne è lui l’architetto.

Sogno una parrocchia che non tiene le porte chiuse a nessuno, ma che ha come cartello di ingresso la parola ACCOGLIENZA.

Sogno una parrocchia che non si preoccupa delle chiavi dei portoni di ingresso, ma piuttosto di riuscire a trovare la chiave capace di far entrare la forza dello Spirito Santo nei nostri cuori.

Sogno una parrocchia in cui sacerdoti e laici possano camminare insieme nel confronto e nel dialogo sincero per essere strumenti di evangelizzazione.

Sogno una parrocchia che non guarda solo al chi viene abitualmente in chiesa ma che si affaccia e cammina per le strade cercando di capire perché molti non vi entrano.

Sogno una parrocchia in cui giovani e meno giovani si stringano insieme e non abbiano paura di guardarsi e rimboccarsi le maniche.

Sogno una parrocchia in cui i giovani del quartiere non sono seduti con le pantofole dell’anonimato nelle loro case, ma giovani che sappiano fare delle scelte vere e di conversione del proprio cuore a Cristo e si siedano qui, in oratorio e nel campetto e lo vivano.

Sogno una parrocchia in cui non ci si guarda per il proprio cognome diverso dall’altro, ma per quel cognome che tutti ci unisce: cristiano o cristiana.

Sogno una parrocchia in cui si senta il desiderio di far festa insieme, prima qui attorno all’altare, e poi in altre mille circostanze che il Signore ci propone.

Sogno quella parrocchia che assomigli ad un faro in mezzo alle tempeste di tanti.

Sogno quella parrocchia che diventa focolare domestico per le tante famiglie quotidiane.

Sogno quella parrocchia che è albero di vita e da questo albero promana la sua linfa.

Sogno quella parrocchia che diventa oratorio e cortile sicuro per tanti bambini e ragazzi che giocando scoprono Cristo.

Sogno quella parrocchia che diventa il set fotografico di tanti fotogrammi umani che si stampano nel cuore di chi la vive.

Sogno quella parrocchia che si sforza per allestire la mensa quotidiana anche per chi la mensa quotidiana non ce l’ha.

Sogno quella parrocchia che cammina con le altre parrocchie, gli altri parroci, il proprio vescovo e il proprio papa.

Sogno quella parrocchia che come in un teatro canta, balla, gioca, smonta e rimonta, accende e spegne luci…sempre pronta ad adattarsi alle esigenze del nostro tempo.

Sogno quella parrocchia fatta di mamme e di papà pronti, con la loro testimonianza, a ricordarci il nostro essere comunità che nasce dall’amore paterno di Dio e da quello materno di tutta la Chiesa.

Sogno una parrocchia che sia una sposa: innamorata di Cristo, vestita sempre a festa e mai nell’abito del lutto e della discordia. Che guarda il suo Signore con meraviglia e incanto. Che ne tessa le lodi e lo cerchi con tutte le sue forze.

Sogno un parroco innamorato della sua comunità e che come gli suggerisce la prima lettura di oggi chiede il grande dono della Sapienza per discernere sempre ciò che è buono e santo per il suo popolo.  Un parroco che con la sua comunità possa sperimentare l’amore infinito di Cristo che lava i piedi, che si sacrifica sulla croce e che risorge per annunciare a tutti la vera gioia, la vera vita.

 

Don Davide Collu